domenica 31 marzo 2013

Pasqua. Grande pranzo. Grande indigestione. Grande rottura di raggi cosmici. Ma soprattutto, grande angoscia.


Pasqua. Grande pranzo. Grande indigestione. Grande rottura di raggi cosmici. Ma soprattutto, grande angoscia.
Oggi ero a tavola. Mi stavo ingozzando di salsiccia come segno di pentimento, e all'improvviso ho pensato a questa parola. Angoscia. L'ho sentita pronunciare per la prima volta qualche giorno fa.
«Tu soffri di angoscia».
Me lo ha detto il medico. È stata una scoperta sconvolgente. E dire che ero andata da lui per il solito colon irritabile. A casa ho cercato su wikipedia. Angoscia. Paura senza nome. Bella definizione. E quindi? Che roba è?
Io non lo so quand'è che è cominciata. Questa angoscia, voglio dire. Mi sento angosciata, è vero. E adesso che ci penso è una vita che vivo nella paura. Ho paura di tutto. Anche quando esco con un uomo. Invece di pensare alle cose belle, mi concentro su quelle brutte e rompo le palle. È qualcosa che non so gestire. A volte cerco un motivo per giustificarla, ma peggioro la situazione.
Gli amici mi dicono: «Ti devi distrarre». Fanculo, vorrei rispondergli. Sono tutti fissati con questa distrazione. Dal mio punto di vista, la distrazione è inconsistente. Alla fine, devi comunque fare i conti con la realtà.
Io non voglio distrarmi. Io voglio capirci qualcosa.
Il medico comunque è stato chiaro: «Tu vorresti mordere la vita e invece mordi te stessa. Devi smetterla di allenarti costantemente al pensiero di una catastrofe imminente. Smettila di costruirti barriere e difese. Devi imparare a stare bene fino in fondo. Tu pensi alle cose brutte e ti lasci sfuggire quelle belle. Ma la soluzione è semplice, Valentina. Vivi. Impara a vivere e a lasciarti andare».
Giusto. Imparare a vivere. Imparare a lasciarmi andare. Imparare ad amarmi. Imparare a buttarmi. Imparare a lanciarmi. Imparare a mordere la vita. Imparare a mordere la gente. Imparare a... vabbe'... si può fare. Posso provarci. Che ci vuole?


sabato 30 marzo 2013

Sottofondo musicale


Governo impossibile. Tragedia della politica. Napolitano resta fino all'ultimo giorno del suo mandato. Due gruppi di saggi e la crisi che intanto pesa sulla Pasqua. Crollano le partenze, disertati i ristoranti. Oltre 50 milioni di italiani non faranno neanche un giorno di vacanza. E poi i sondaggi, un mese dopo il voto: il Pdl torna primo partito, il Movimento 5 stelle perde colpi, il Pd pure, ma potrebbe recuperare con Renzi che nel frattempo il 6 aprile sarà ospite di Maria de Filippi. Com'è che fa quella canzone scritta dall'assessore "silurato picchì dissi buttane"?

... povera patria, schiacciata dagli abusi del potere di gente infame che non sa cos'è il pudore...

Il rossetto mi sta bene.
E poi il rosso mi dona.
Mi fa sembrare più attraente.
Ma non è troppo rosso?
Comunque la voce di Battiato è unica. E poi le parole... cazzo, che parole.

... tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni, questo paese è devastato dal dolore...

Sembro una cretina.
Lui indosserà jeans e maglione.
Io indosso gonna nera e giacca nera.
Sono troppo elegante.

... povera patria, nel fango affonda lo stivale dei maiali. Me ne vergogno un poco, e mi fa male vedere un uomo come un animale...

Niente tacchi.
Non voglio essere attraente.
Penserà che voglio sedurlo.
Ma io voglio sedurlo?
Cazzo, che paese di merda. E il rossetto fa pure schifo.

... non cambierà, non cambierà, si che cambierà, vedrai che cambierà...

giovedì 28 marzo 2013

A volte senti il peso


A volte senti il peso. Succede quando ti svegli la mattina e ti alzi dal letto. Sai che devi cercare il tuo posto, ma sai anche che quando lo troverai, non sarai pronto.
Il peso.
Il peso di ciò che fai in ogni singolo istante della tua vita. Il peso straziante di parole non dette. Il peso dei sogni che fanno a cazzotti con le frustrazioni. Il peso della ricerca di un mito che dia senso ai tuoi giorni.
Stamattina io l'ho avvertito questo peso.
Ero su un cazzo di treno affollato, con i tacchi troppo alti, e guardavo dal finestrino un paesaggio dal sapore sfuggente. Poi mi sono ritrovata al supermercato, in fila, avanzando un centimetro alla volta verso la cassa, come nelle processioni, fissando un carrello pieno di roba inutile, il mio.
Allora, mi sono fatta una domanda.
Una sola domanda.
«Valentina, l'avresti il coraggio di mollare tutto, qui, ora, interrompere quello che stai facendo, saltare giù dal treno, gettare per terra i sacchi della spesa, le scarpe scomode, gli abiti stretti, mollare tutto. E correre. Senza un motivo. Senza una cazzo di direzione. Valentina, l'avresti questo coraggio?»


martedì 26 marzo 2013

Mi presento


Mi chiamo Valentina e il mio nome fa rima con cretina. Faccio la giornalista. Un bel mestiere, certo, se non fosse per alcune "cosette". Beppe Grillo non ha tutti i torti quando dice che i giornalisti sono frustrati. Non capisco tutta questa indignazione. Io, ad esempio, sono una giornalista frustrata a 10 euro a pezzo, talentuosa, ma frustrata. Però non è colpa mia. Colpa del sistema. Tu entri in una redazione con l'aria di un William Wallace sul piede di guerra, pronto a raccontare la verità, soltanto la verità, urlando ai nemici «che possono toglierci la vita, ma non ci toglieranno mai la libertà», e poi ti ritrovi come Fantozzi. È il sistema che non funziona. Bisognerebbe tornare alle origini e mettere a posto gli ingranaggi.
Ho ventotto anni e una vita che potrei definire normale, se non fosse che ho una spiccata dote, quella di complicarmi le situazioni da sola.
Normale è normale. Niente grandi colpi di scena. Qualche trauma, forse, qualche delusione.
Sono in perenne bilico con me stessa, ma anche questo, in fondo, è normale.
La mia prima volta è stato un disastro. L'ho fatto per terra, la notte di capodanno. Avevo sedici anni e non ho provato niente. Non che in seguito abbia provato chissà cosa, però la prima volta dovrebbe essere qualcosa di speciale.
Socializzare non è il mio forte: tu baratti la tua personalità e le tue idee in cambio di un po' di compagnia. Onestamente, io non ho molto da barattare.
Questi sono i punti che mi vengono in mente, ma ce ne sono molti altri. Strada facendo, li elencherò tutto. Perché sento che c'è qualcosa di profondamente disordinato in me. E allora ho capito che forse devo cominciare a raccontarmi. Avere curiosità di me stessa. E farlo senza pudore.