Oggi ho realizzato che se voglio liberarmi
dall'angoscia, devo prendermi del tempo e pensare a me e alla mia
vita. Di pomeriggio ho rifiutato con rammarico l'invito dei parenti.
Niente classica passeggiata pasquettiana post pranzo. Sono rimasta a
casa, da sola. Mi sono messa comoda sul divano, gambe incrociate, e
ho chiuso gli occhi. Non ho mai meditato. Non so neanche da che parte
cominciare. Dicono che sia sufficiente stare in silenzio e ascoltare
se stessi.
Ok. Ascolta la tua voce interiore, mi sono detta.
Ascolta la piccola bambina Valentina che è in te. Sono rimasta in
ascolto, cercando di scoprire la vocina di cui tutti parlano. E in
effetti qualcosa ho sentito. Il clacson di una macchina, ad esempio.
Dai, concentrati, mi sono detta. Ascoltati.
Vive nella paura colui che è sottomesso.
Sì, è vero.
Vive nella paura colui che è sottomesso. Ed io lo
sono. Lo sono sempre stata. Perennemente sottomessa, nelle relazioni
sociali e nel lavoro. Ora, se voglio stare bene devo cominciare ad
amarmi, e circondarmi di gente positiva, in gamba. Non come quello
stronzo con il quale sono uscita sabato sera. Trentenne, giornalista
alla riscossa. Simpatico, all'apparenza. Ho capito subito che non
c'era sintonia tra noi. L'ho capito quando mi sono accesa una
sigaretta e lui mi ha guardato le mani con aria disgustata.
«Che c'è?», gli ho chiesto, allarmata.
«Hai lo smalto sbavato. È segno di trascuratezza».
Poi, la classica domanda.
«Che tipo sei, Valentina?»
«Sono una tipa normale».
Non l'avessi mai detto.
«Cara Valentina, cos'è normale oggi?»
E giù con la filosofia del cazzo. Un Freud
consumato dai pensieri. Un fiume di pippe mentali. Fanculo, coglione.
Va bene. È passata. Non ci pensare più a quel
tizio, mi sono detta. Concentrati su te stessa. Nonostante i miei
sforzi, devo dire che la meditazione casalinga non ha funzionato.
Allora ho preso un foglio di carta e mi sono interrogata: cos'è che
vuoi fare veramente, Valentina?
Stare bene. Ritrovarmi. Trovare la mia vita e la mia
direzione. Rispettarmi. Amarmi. A quel punto ho stilato una sorta di
scaletta. È venuto fuori una cosa del tipo:
- Relazioni sociali: frequentare persone stimolanti.
- Sesso: scoprire cos'è l'orgasmo.
- Immagine: prendermi cura di me.
- Lavoro: parlare con il caposervizio, pretendere un minimo di gratificazione e smetterla di vedermi rubare lo spazio da incompetenti.
Poi, ho continuato a riflettere. Tutta la sera.
Domani, tanto per cominciare, potrei andare in redazione e affrontare
il mio caposervizio. Non so se ci riuscirò, se avrò il coraggio, se
troverò le parole adatte e se mi uscirà la voce, ma devo provarci.
Lo devo a me stessa. Voglio fare sul serio. E, in fondo, non ho nulla
da perdere.
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