lunedì 1 aprile 2013

Voglio fare sul serio


Oggi ho realizzato che se voglio liberarmi dall'angoscia, devo prendermi del tempo e pensare a me e alla mia vita. Di pomeriggio ho rifiutato con rammarico l'invito dei parenti. Niente classica passeggiata pasquettiana post pranzo. Sono rimasta a casa, da sola. Mi sono messa comoda sul divano, gambe incrociate, e ho chiuso gli occhi. Non ho mai meditato. Non so neanche da che parte cominciare. Dicono che sia sufficiente stare in silenzio e ascoltare se stessi.
Ok. Ascolta la tua voce interiore, mi sono detta. Ascolta la piccola bambina Valentina che è in te. Sono rimasta in ascolto, cercando di scoprire la vocina di cui tutti parlano. E in effetti qualcosa ho sentito. Il clacson di una macchina, ad esempio. Dai, concentrati, mi sono detta. Ascoltati.
Vive nella paura colui che è sottomesso.
Sì, è vero.
Vive nella paura colui che è sottomesso. Ed io lo sono. Lo sono sempre stata. Perennemente sottomessa, nelle relazioni sociali e nel lavoro. Ora, se voglio stare bene devo cominciare ad amarmi, e circondarmi di gente positiva, in gamba. Non come quello stronzo con il quale sono uscita sabato sera. Trentenne, giornalista alla riscossa. Simpatico, all'apparenza. Ho capito subito che non c'era sintonia tra noi. L'ho capito quando mi sono accesa una sigaretta e lui mi ha guardato le mani con aria disgustata.
«Che c'è?», gli ho chiesto, allarmata.
«Hai lo smalto sbavato. È segno di trascuratezza».
Poi, la classica domanda.
«Che tipo sei, Valentina?»
«Sono una tipa normale».
Non l'avessi mai detto.
«Cara Valentina, cos'è normale oggi?»
E giù con la filosofia del cazzo. Un Freud consumato dai pensieri. Un fiume di pippe mentali. Fanculo, coglione.
Va bene. È passata. Non ci pensare più a quel tizio, mi sono detta. Concentrati su te stessa. Nonostante i miei sforzi, devo dire che la meditazione casalinga non ha funzionato. Allora ho preso un foglio di carta e mi sono interrogata: cos'è che vuoi fare veramente, Valentina?
Stare bene. Ritrovarmi. Trovare la mia vita e la mia direzione. Rispettarmi. Amarmi. A quel punto ho stilato una sorta di scaletta. È venuto fuori una cosa del tipo:

  • Relazioni sociali: frequentare persone stimolanti.
  • Sesso: scoprire cos'è l'orgasmo.
  • Immagine: prendermi cura di me.
  • Lavoro: parlare con il caposervizio, pretendere un minimo di gratificazione e smetterla di vedermi rubare lo spazio da incompetenti.

Poi, ho continuato a riflettere. Tutta la sera. Domani, tanto per cominciare, potrei andare in redazione e affrontare il mio caposervizio. Non so se ci riuscirò, se avrò il coraggio, se troverò le parole adatte e se mi uscirà la voce, ma devo provarci. Lo devo a me stessa. Voglio fare sul serio. E, in fondo, non ho nulla da perdere.

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